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Il ruolo del cibo ne “La Grande Bellezza”
Lo scorso 2 marzo, Paolo Sorrentino alzava a Los Angeles una delle statuette più importanti del mondo ringraziando Fellini, i Talking Heads, Scorsese e Maradona.
Quattro nomi per un Oscar, direte voi, ma siamo proprio convinti che non manchi qualcuno (o forse qualcosa) nei ringraziamenti?
Sì, anche il cibo avrebbe meritato una menzione particolare. Perché? Semplice, il cibo è arte, è cultura ed è impossibile raccontare l’Italia (e la sua Grande Bellezza) senza includere il mangiar bene.
Non solo quindi è stato dimenticato ma oggi vi dimostreremo che il cibo fa la sua parte nella storia di Sorrentino perché utilizzato molto spesso come metafora: tradimenti, spreco, solitudine e ritorno alle origini. Primo esempio? L’Arnaldo al Pantheon, il ristorante in cui pranza tutti i giorni Eusebio, il marito fedifrago di Stefania.
Partiamo però con ordine andando a vedere scena dopo scena il ruolo del cibo nei 142 minuti di girato.
Gli agrumi raccolti dalla suora in giardino finiranno nella colazione di Jep Gambardella dopo una delle sue notti mondane oppure no? A noi il dubbio sullo spreco di tutte quelle arance resta ancora!
Ritorniamo invece al ristorante e più precisamente alla cena tra Ramona (aka Sabrina Ferilli) e il Gambardella. Qui ci troviamo di fronte prima allo champagne Cristal ordinato da un prelato (!) e poi ad Antonello Venditti (nella parte di Antonello Venditti) che consuma il pasto in piena solitudine prima di abbandonarsi alla mondanità. Su questo siamo tutti d’accordo: non c’è niente di più triste di un tavolo per uno!
Passiamo ora a un po’ di sano trash che non fa mai male. Vogliamo spendere due parole per l’arabo in foto che gusta un ottimo piatto di spaghetti alle vongole con forchetta e cucchiaio?
Viene invece un colpo al cuore (soprattutto a chi è di sangue pugliese) nel vedere un piatto di orecchiette alle cime di rapa galleggiare in una fontana. Non in una qualunque (ovviamente) ma “al catering della festa del più grande collezionista in questo Paese di debosciati”!
Nel film anche la morte ha i suoi risvolti sul cibo. Come dimenticare la vedova dell’amico di Gambardella tristemente sola a capotavola mentre il padre di Ramona si dispera sotto i riflettori all’Harry’s Bar di via Veneto. Una scena toccante e soprattutto molto vicina alla dolce vita “decadente” descritta nel film.
Il momento (forse) più fastidioso è invece dedicato al cardinale Bellucci in corsa al pontificato. Come scordare le sue ricette sciorinate in giardino davanti a suor Maria che si nutre di sole radici?
“12 pezzi, rosolato, timo, alloro, rosmarino, vino rosso, olive taggiasche”… Micidiale!
Chiudiamo il cerchio con il dialogo tra Jep Gambardella e Dadina (la direttrice del giornale su cui scrive il protagonista) davanti al minestrone.
“Com’è il minestrone, Geppino?”
“Il minestrone è buono. Ma tu com’è che mi hai chiamato Geppino?”
“Perché un amico ogni tanto ha il dovere di far sentire l’altro amico come quando era bambino”.
Ritrovare la migliore età in un piatto. Non è quindi anche il cibo uno degli strumenti utilizzati dal regista per raccontare la Grande Bellezza? In fondo, la svolta si ha davanti a un bel minestrone :-).